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Chi sono

   Sono nato a Roma nel 1981. Mi occupo di cultura cambogiana, di religione e di viaggi in generale. Appena compiuta la maturità me ne andai in Australia in cerca di avventura e di una valida iniziazione alla vita da adulto. Nel 2004 tornai in quel continente con un progetto tanto ambizioso quanto sconsiderato: correre per l’intera circonferenza dell'Australia, 12.000 km, e realizzarne un film documentario assieme a un gruppo di amici altrettanto inquieti. Un viaggio che si trasformerà nel più grande e divertente fallimento lavorativo ed esistenziale della mia vita: Cercando Purusa.

A consolarmi ci pensò per fortuna la Cambogia, il primo vero grande amore. Avevo atteso che finisse la guerra civile per visitarla; stavo cercando il contatto con un mondo antropologicamente ‘altro’ anche rispetto all’estremo occidente australiano. Quando un giorno un vecchio mi spiegò che una settimana prima avevo prodotto con il flash della mia macchina fotografica un fulmine che aveva ucciso un contadino in un villaggio poco distante, capii che la Cambogia era proprio quello che cercavo. Visitai i famosi templi di Angkor e la Scuola di Belle Arti nella capitale. Lì il caso dispiegò davanti ai miei occhi uno straordinario spettacolo di danza classica, una sorta di incantesimo se considero quanto accadde dopo: quasi un decennio dedicato a studiare e a comprendere la tradizione delle danze di corte cambogiane, di cui la monografia Teatro e Danza in Cambogia (Editoria & Spettacolo; 2010) ne è una sintesi.

    Mi definirei un etnologo se tale termine nell’epoca globale, con l’estinzione di massa delle culture che è in atto, avesse ancora veramente un senso. Preferisco allora vedermi come una specie di ‘antropologo pentito’, alle prese con l’unica ricerca che non avrà mai un tramonto, quella di trovare un senso al corso dell’esistere. Per questo motivo viaggio e concepisco il viaggiare come un’esperienza che deve essere lenta e disorientante, capace di riformulare la personalità. Il viaggio è l'antidoto alla noia e al disagio che l’uomo moderno, alienato, vive più o meno consapevolmente, compresso com'è dai rapidi meccanismi post-industriali del vivere. E allora parto con il minor numero di abitudini possibili, preferendo spesso la poesia e la saggezza dell’andare a piedi, o in autobus stracolmi di gente. Sono sempre in cerca di qualcosa che ogni volta, passata la sbornia, sfugge immancabilmente via fra le dita come sabbia al vento. Un monaco free-lance fra Vietnam e Cambogia (Exòrma; 2015), il mio primo romanzo, è il comico racconto di un personaggio scisso fra l’interesse per l’esplorazione interiore e quella del mondo che lo circonda. La foto che ho scelto in questa pagina ritrae proprio uno dei rari momenti in cui queste due anime sono state casualmente ricongiunte. È stata scattata in Nepal, dove è ambientato Nella Terra dello Spirito e del Sangue (Castelvecchi; 2020), il mio ultimo libro, un viaggio tra i crimini e i miracoli di un ragazzo venerato come Dio. 

     

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