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LA SCOMPARSA DELLE TIGRI CAMBOGIANE

Aggiornamento: 14 feb 2018

In Cambogia la tigre indocinese è considerata una specie “funzionalmente estinta”. Si tratta di una perdita gravissima non solo in termini ambientali ma anche culturali, considerando il ruolo che questo felino ha occupato per secoli nella storia e nella religione del popolo khmer e degli altri gruppi etnici che vivono nelle regioni orientali del paese. Nel 2019 le autorità reintrodurranno alcuni esemplari nelle foreste del Mondolkri per tentare il ripopolamento; vedremo quali saranno i risultati, intanto ecco la breve storia della scomparsa di una fra le specie più iconiche e in pericolo del pianeta.


Nel 1998 l'ente cambogiano per la protezione della natura e il Cat Action Treasury avevano condotto il primo censimento ufficiale della popolazione di tigri e stimato che ci fossero fra i quattrocento e i seicento esemplari in Cambogia, un numero altissimo e inferiore soltanto a quello dell’India. La Cambogia appariva come un vero e proprio paradiso in termini naturalistici; se la trentennale guerra civile aveva portato indicibili sofferenze al popolo khmer aveva però in un certo senso protetto e preservato dallo sfruttamento intensivo gran parte delle sue foreste vergini.

A partire dalla fine degli anni Novanta, con il conseguimento di una duratura stabilità politica, il paese si trovò di colpo catapultato nel mercato globale, senza le necessarie misure di controllo e di tutela in materia ambientale, e così l’integrità dell’habitat delle tigri e delle sue prede fu velocemente compromesso dal taglio indiscriminato degli alberi e dalle coltivazioni. C’era poi da affrontare il problema del bracconaggio. Nel 1998 il ritrovamento di tre esemplari uccisi nella provincia a nord-ovest del Preah Vihear aveva attirato l’attenzione dei media: le tigri erano state scoperte in un camion, nascoste sotto degli armamenti e protette da una truppa di soldati dell’esercito. Era quella la prova eloquente che il contrabbando veniva favorito, o quantomeno tollerato, dagli stessi militari e dalle guardie di frontiera, i cui salari erano così bassi che non ci si può stupire o meravigliare se essi stessi si mettessero a cacciare o ad accettare bustarelle.

Secondo Sun Hean, responsabile del programma di conservazione della tigre, nei tre anni successivi al censimento furono uccisi duecento esemplari. La domanda di tigri aveva raggiunto livelli altissimi, alimentata soprattutto dalla Cina e dalle comunità cinesi sparse per il mondo - diverse parti del felino sono impiegate nella produzione di farmaci e unguenti costosissimi - ma anche da parte dei cambogiani stessi che considerano la polvere delle ossa un rimedio naturale per i reumatismi.

Allettatati dalla possibilità di un facile guadagno decine di bracconieri si misero sulle tracce della più ambita fra le prede, arrivando in certi casi a piazzare l'esca direttamente sopra ad una mina antiuomo pur di raccogliere almeno le ossa delle rarissime tigri rimaste. Yor Ngun, forse il più noto cacciatore cambogiano, ha affermato di aver ucciso almeno diciannove tigri, prima di essere finalmente arrestato nel 2005, al termine di una lunga latitanza.

In questa ottica si comprende meglio quella che è stata la controversa scelta del Cat Action Treasury di arruolare gli stessi bracconieri, di istruirli sull’importanza di salvare le tigri e le altre specie in pericolo, e di farne dei ranger remunerati. Gli ex cacciatori hanno una conoscenza unica del territorio e delle specie che vi abitano, conoscono i sentieri, le abitudini degli animali, e sono ideali per istruire a loro volta la popolazione civile. La strategia impiegata è stata quella di far leva sui benefici che possono derivare dalla conservazione: le tigri sono parte del patrimonio nazionale e, come i famosi templi di Angkor, vanno conservate; la loro presenza richiama una forma di ecoturismo e tiene sotto controllo la popolazione di prede che altrimenti devasterebbe i campi; e poi gli spiriti della foresta si risentirebbero dell’uccisione della tigre e provocherebbero come conseguenza delle malattie, secondo una diffusa credenza religiosa.

Nonostante le diffuse campagne di sensibilizzazione della popolazione ed il pattugliamento delle foreste da parte dei ranger il numero delle tigri ha continuato a diminuire costantemente. L’ultimo esemplare di tigre indocinese ripreso in Cambogia da una telecamera risale al 2007 tuttavia, come ho già scritto altrove, numerosi sono stati anche in seguito gli avvistamenti. Non è da escludere che singoli animali sopravvivano ancora oggi nelle aree più inaccessibili del paese, quali la foresta del Cardamomo e il parco nazionale di Viracheay; esemplari che però non saranno in grado di assicurare, in autonomia, la sopravvivenza della specie.

Nel 2019 partirà il costoso progetto di reintroduzione della tigre indocinese nelle foreste del Mondolkiri. Malgrado l’entusiasmo e il possibile rilancio turistico della zona gli esperti sembrano divisi: l’animale rivolgerà la sua attenzione al bestiame e attaccherà gli uomini come è già successo in simili tentativi di ripopolamento?

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